mercoledì 14 settembre 2011

SCRIVONO DI LUI


Lo scrittore PUPI BRACALI:

Che la piccola città di Ceriale sia da sempre una fucina di talenti artistici è notoriamente risaputo.
E se ciò si verifica prevalentemente in campo pittorico con decine di protagonisti delle arti figurative anche altre discipline quali la fotografia, il teatro, il cinema, la narrativa e la poesia hanno, seppur in numero minore, validi esponenti che operano nella città del bastione.
Proprio quest’ultima arte, la poesia, ha recentemente visto la nascita di un “nuovo” poeta cerialese, abbiamo scritto “nuovo” virgolettato poiché Orazio Claveri autore della silloge poetica “Sesto senso” tanto nuovo non è, essendo nato nel 1951, è comunque nuovo alle cronache letterarie avendo solo adesso pubblicato questa sua prima raccolta di poesie sorprendendo, anche tra le persone più vicine a lui, tutti coloro che non lo conoscevano sotto questo aspetto.
Sono poesie semplici, come egli stesso afferma nell’introduzione a “Sesto senso”, semplici nella struttura e nell’esposizione, ma ci piace smentirlo con le parole di uno dei massimi poeti di ogni tempo: Jorge Luis Borges, il quale affermava che: “Non esistono poesie semplici in quanto anche una sola parola scaturita dalla mente e dal cuore dell’uomo postula l’universo”.
Nel caso di Orazio Claveri è proprio così: nelle oltre 140 pagine del libro non c’è un solo tema dell’esistenza umana che non venga trattato e analizzato poeticamente dall’autore.
Dio, l’amore, l’amicizia, la famiglia, la religione, i rapporti umani, la natura, la memoria, la guerra, la vita, la morte, il sogno e la realtà, sono tra gli argomenti “più alti” descritti nelle pagine del libro, accostati armoniosamente ad altri più cronachistici e quotidiani come l’emigrazione, gli stupri, la discriminazione, le stragi del sabato sera, l’abbandono dei cani e la politica.
C’è un sottile velo di disillusione che permea i versi di Claveri, quasi una forma di rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere e non è mai stato, non solo nella vita privata dell’autore ma nell’esistenza umana in maniera globale; ma c’è pure la bellezza di vedere che quel tenue velo ha la facoltà di essere strappato in più punti, quando il poeta innesta un’altra marcia e sfocia in una caustica ironia con versi pungenti e finali fulminanti che ricordano persino ( crediamo inconsapevolmente) certe cose di Trilussa.
Ci sentiamo di affermare senza tema di smentita che sono poesie scritte col cuore; senz’altro più col cuore che con una mente razionale o freddamente analitica. Sono liriche che trasudano di sincerità e di sentimento nella migliore accezione del termine e se lo scopo di un poeta è quello di denudarsi in pubblico senza timore di falsi pudori e di mostrarsi per quello che si è, Orazio Claveri è perfettamente riuscito nello scopo.
Particolarmente toccante è la breve poesia “Passato e presente” dove l’autore ricorda il faticoso e orgoglioso ansare di suo padre che non riusciva a tenere il passo dietro a lui bambino che correva in mezzo ai boschi, quei boschi dove oggi il poeta, solitario, si ritrova, rivivendo insieme a quel ricordo la stessa fatica del suo genitore che solo adesso comprende.
Altrettanto commoventi e sentite sono le liriche dedicate alle bellezze della natura, ovviamente riferite alla nostra Liguria: “… l’onda sugli scogli riprende a deliziare il mio udito, una musica dolce, costante, l’infinito.”, e quelle dove Orazio Claveri esprime i propri sentimenti e a volte la propria fragilità: “… Non poter urlare quello che hai dentro, cogliere gli attimi per poter bere, dissetare il tuo cuore da sorgenti rocciose, non da torrenti dopo le bufere.”
Aggiungiamo che i versi del volume sono racchiusi in una veste tipografica raffinata ed elegante e concludiamo nel migliore dei modi lasciando la parola al poeta stesso.
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La scrittrice SARA RODOLAO:

Sesto Senso è una raccolta di versi a volte semplici, ma sempre schietti, senza fronzoli di nessun tipo, poesie che non hanno la pretesa di insegnare nulla a nessuno, come lo stesso autore confessa, sono versi intrisi di malcelata malinconia, di un pessimismo a volte feroce, ma sempre illuminati da un pensiero gentile e da sentimenti puliti, che fanno ricordare di fiori di campo.

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La poetessa ROCRISA:
La poesia rappresenta per Orazio la sua grande passione, permettendogli di tramutare in parole tutto ciò che lo circonda, ogni piccola emozione che dalla vita raccoglie, le sue poesie sono attimi di vita quotidiana, riflessioni di un vissuto profondo ed intenso, che hanno la forza di catturare il reale a cui a volte è difficile dare voce. La sua poetica semplice e lineare traduce stati d’animo, pensieri, il cammino costante della vita articolato in ogni suo ramo, a volte dipingendo la vita nel suo splendore, con gemme d’amore, di valori forti e veri, e a volte incidendo quel ramo in profondità, fino a scavare questa società in cui viviamo e incidere i suoi mali sociali, problemi che ci investono per la crudeltà del genere umano. Padre di una poetica acuta e complessa nella sua semplicità.


COSA AUGURARE A UN FIGLIO
Cosa augurare a un figlio al giorno d’oggi?
Davvero non saprei come iniziare,
di essere sempre se stesso?
Purtroppo non funziona più
oggi la vita è tutto un compromesso
devi adeguarti se no ti buttan giù.
Qualcosa però deve evitare:
non lasciarti comprare dal denaro,
fa in modo che non ti incollino etichette,
non fare mai del male,
non giudicare per non esser giudicato.
Emergere forse non conviene,
se emergi sei nell’occhio del ciclone,
ma stare a galla dev’essere un dovere,
se affondi non ti risollevi più.
Quello che auguro a te, sopra ogni cosa
è che tu possa avere libertà,
un uomo libero di dire ciò che pensi,
di andare dove vuoi e con chi vuoi,
di fare tutto quello che ti piace,
senza catene, senza preclusioni,
la libertà vera
non quella fatta di illusioni.


In questa poesia l'autore esprime l'amore di un padre verso il figlio con tutto il dolore che provano i genitori consapevoli di non poter offrire alla loro prole il mondo bello e onesto che tanto avrebbero desiderato lasciare in eredità. Perchè sostanzialmente non esiste un mondo sicuro e pulito scevro da inquinamento materiale e morale.
Si vive costantemente in una guerra senza frontiere ed è necessario agire con estrema prudenza per non cadere nei tranelli orditi ai nostri danni.
Bisogna vivere sempre con circospezione, sempre sulle difensive, possibilmente evitando di mettersi in evidenza perchè ciò costituirebbe un facile bersaglio verso cui potrebbero infierire personaggi senza scrupoli.
Insegna il padre al figlio ad agire sempre con onestà di azione e di intenzioni e di attenersi sempre ad un comportamento corretto irreprensibile che non arrechi danno ma nel contempo gli insegna anche a stare accorto affinché non subisca egli stesso alcun danno inferto da quelle persone che purtroppo si rapportano con gli altri solo per cercare di sopraffarli.
"che tu possa avere la libertà" il grande augurio da uomo a uomo.

Il bene più prezioso che un animo fiero e nobile possa concepire per il futuro di suo figlio.
Sensibilità ricchezza d'animo travasano da questi versi che costituiscono un grande regalo d'amore.

Un grande padre che è anche un grande autore e sa trovare le parole più semplici e più giuste per far accettare al figlio l'ingiustizia del mondo suggerendogli anche le armi adatte per combatterla e forse vincerla.
ATTO D'AMORE
Inebriata da una promessa d’amore
ti sei donata a lui come invaghita,
un ritardo ed ha gioito il tuo cuore
ma la notizia lui non l’ha gradita.

Sparito d’improvviso il meschino,
ti sei trovata sola a meditare,
giorni interi trascorsi a capo chino,
dentro di te, un bambino da amare.

Mesi tremendi con in testa il tarlo
non hanno scalfito il tuo candore,
non riuscirai da sola, dovrai donarlo.

Una sera di marzo, in poche ore,
ecco il tuo bimbo, non potrai educarlo.
Non è abbandono, è atto d’amore

Sensibilissimo ai problemi del sociale in questa poesia Orazio Claveri affronta un argomento delicatissimo avendo il coraggio di esprimere una sua precisa opinione su un argomento che presenta una verità che spacca in due la coscienza delle persone perchè è una verità che ha due strade per incanalarsi.
Ciò sempre e comunque nel caso sia assolutamente escluso il discorso che la madre possa tenere il bambino con sè cosa che si sa sarebbe auspicabile in prima istanza dalle stesse madri che ora come sempre non ricevono adeguato e sufficiente aiuto
Queste due strade sono la possibile risposta a questa domanda:
“Quale sacrificio più grande che una madre può fare per donare amore alla sua creatura?”
1) - Il sacrificio di abortire e provare per tutta la vita quell'amaro senso di colpa che mai svanisce anche se si mettono in atto mille tentativi di convincimento.
2) - Il sacrificio di abbandonare il bambino appena nato affinché egli abbia un destino migliore pur sapendo che un'azione di questo genere porterà al continuo rimpianto e anche in questo caso un senso di rimorso sarà sempre presente per tutta la vita.
L'opinione di Orazio è quella di scegliere “la vita” e di dare il bambino in adozione affidandolo all'amore di altri genitori.
Non sappiamo se il suo pensiero sia attribuibile a motivi religiosi o ad una grande fiducia nell'animo umano ritenendolo capace di amare senza riserve e con amore immenso un bambino avuto in adozione.
Oppure la sua sia semplicemente una scelta di vita che sempre e comunque deve vincere su una scelta di morte.
Orazio termina la sua poesia cercando di rincuorare l'ipotetica infelice madre:
”non è abbandono è atto d’amore”.

Come non unirsi a lui in questo desiderio di voler togliere dalle spalle e dal cuore di una donna già molto sofferente il peso ingiusto d'un dolore aggiunto?
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La poetessa ANGIE:
I temi da lui trattati sono presenti nella nostra vita di tutti i giorni.
Egli parla della natura della famiglia e del sociale. Per quest'ultimo argomento si sofferma spesso sulle grandi contraddizioni che affliggono gli esseri umani con grande sensibilità e partecipazione evitando facili giudizi e proponendo il suo punto di vista sempre ben disposto ad accogliere e dare credito all'operato delle persone.
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Il critico RAIMONDO VENTURIELLO

L’Autore merita attenzione per il motivo ben espresso da Cesare Pavese (ne "Il mestiere di vivere"): "Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma".
Il tono lirico a volte, a prima vista, dà l’impressione d’un preannuncio di resa: quasi un sommesso cedimento. A che cosa? Sicuramente ai mali del mondo, individuali, sociali e psicologici, evidenti in molte poesie. Sono mali cospicui, che attraversano e lacerano la nostra quotidianità, ed ai quali sembra difficile poter sfuggire, come denunciano le tante precarietà della condizione umana: perché si avverte che “La vita è appesa ad un filo, / come quella di un aquilone” (ne “L'aquilone e la vita”) e per di più si è come condannati a restare “appesi a dei fili, / mossi da mani / sempre nascoste” (in “Rassegnazione forzata”); di qui l’assurdità di comportamenti diffusi, quando “senza spiegazione, / mentiamo a noi stessi, / per darci l'illusione / di essere migliori” (in “Mentire”) o quando “l'incerto ti spaventa, / inchioda la tua vita” (in “Paura di crescere”) oppure quando ci s’imbatte in “chi urla e insulta invece di parlare / dovrebbe andare a casa a meditare” (in “Non va bene”).
Tutto questo accade mentre “la pioggia / continua a cadere, / pianto di anime dolenti / fuggite dalla vita, / tristi per gli eventi / di questo mondo” (ne “Il pianto delle anime”) e forse occorrerebbe “Trovar la forza di scappare via, / su un monte lontano da ogni cosa” (ne “L’eremita”) o almeno cercare vie di fuga, come fanno il pescatore (ne “La canna e la lenza”) e il cacciatore (nella composizione omonima) con i loro gesti nella particolare sacralità del rito compiuto, scoprendo così che le “Piccole cose / riempiono la vita” (ne “La felicità”). Tuttavia non basterà a lenire i malesseri e disagi della vita che pure ha un inizio colmo di gioia (ne “Il parto”) e una fase conclusiva colma di tenerezza (ne “I nonni”).
Se ne potrebbero trarre sconfortanti considerazioni se l’Autore non reagisse e prendesse le distanze dai sapori acri dell’altro da sé, scavando con impeto in cunicoli introspettivi, memoriali, riflessivi e inevitabilmente emozionali soprattutto quando il movente ispirativo è l’amore.
È ampio il contrappeso salvifico dei versi che prendono le mosse dall’amore per la terra natia con i suoi colori e tepori estivi (in “Liguria di ponente”), sempre sognata – o comunque poeticamente trasfigurata – in un’eterna estate anche quando è autunno (in “Sogno d’autunno”), per cogliere poi l’amore nella sua essenza – quando “lasci il tuo corpo / nelle mie mani” (ne “L’ora dell’amore”) – e nei tanti aspetti che lo caratterizzano: ora come rifugio – “Nella tua casa / silenzio e calore, / fuori / freddo e rumore” (in “Maltempo”) – ora come fonte di turbamento – “le ferite del cuore / solo il tempo / può sanare” (in “Non è un nemico”) – ora come ansia (ne “La donna dei sogni” o “L'amore agognato”) oppure esaltazione (ne “Il prato dell'amore”, in “Amore da incorniciare” o ne “Il sole dei miracoli”) fino al “top” dell’espressività non verbale quando “parole nitide / l’orecchio non sente, / riempiono il cuore” (in “Silenzio d’amore”) potendo, in definitiva, acquisire “il senso della vita / quando credevo già / fosse finita” (ne “Il senso della vita”) e cospicue consapevolezze: che se l’amore non si rinnova perde il suo fascino (ne “L’abitudine”) o si perde del tutto (in “Inevitabile resa”).
È da sottolineare peraltro la capacità dell’Autore di cercare altre possibili vie di salvezza dai mali del mondo, quali: la memoria (in “Ricordi d’estate), l’ansia di conoscenza (ne “I miei pensieri”), l’arte (nell’omonima composizione) e, infine, lo sguardo interiore teso oltre la frontiera metafisica (in “Una preghiera”, “La nuova vita” o “La chiesina sul colle”).
Se ne può trarre qualche significativa conclusione. È da ritenere che l’Autore abbia, più o meno inconsciamente, allestito una sorta di vetrina dove espone variegati campionari di malessere, da osservare, sì, con attenzione, senza però rassegnarsi alla sua ineluttabilità. Viste nel loro insieme, le composizioni rappresentano diagnosi e prognosi che consentono al poeta di prescrivere la "ricetta" salvifica: bando, cioè, ai catastrofismi dell’anima, che pertanto si rivolge a sentimenti in grado di rischiarare il buio o le penombre rinvenute. Attivarsi in quest’area mentale e sentimentale equivale a metabolizzare i mali dell’odierna condizione umana, tanto da rinfrancare l’animo del poeta e del lettore nel riscoprire spazio per la speranza che i fatti della quotidianità vorrebbero precluso.
L’Autore sa bene circoscrivere l’orizzonte di riferimento: anzitutto saltando a pie’ pari gialle margherite o rossi papaveri di verdi campi sotto il cielo blu; rifuggendo cioè da oleografiche figurazioni di realtà emozionali puramente estetiche, si concentra su aspetti dell’altro da sé che, lontani da oleografia e fruibilità fini a se stesse, generano immagini ed emozioni poetiche su ansie e sofferenze, crudo disincanto e attonita sfiducia: una poesia "polarizzata" su nuclei tematici che non stendono veli pietosi ma traversano e scavano la realtà del nostro tempo.
In questo sembra condividere l’avversione di Robert Musil (ne "L’uomo senza qualità") per un certo tipo di poesia: "Nei tempi in cui lo spirito rassomiglia a un mercato pubblico, passano per la perfetta antitesi di esso certi poeti che col loro tempo non hanno nulla a che fare. Essi non si sporcano con pensieri contemporanei, forniscono per così dire poesia pura e parlano ai loro fedeli un morto linguaggio di grandezza, come se fossero appena tornati dall’eternità per un breve soggiorno sulla terra".

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